
Spadafora: «Presto una Costituente civica. Fuori da Pd e M5s c’è un mondo»
9 dicembre 2025
A sinistra tutti parlano degli astenuti, ma poi continuano a rivolgersi ai propri. Sono «bravi, ma non basta», sostiene Vincenzo Spadafora. Che con la sua associazione Primavera invece si rivolge «agli elettori di centrosinistra che non voteranno mai a destra ma non si riconoscono in Pd e M5s». Per riuscirci, racconta, «abbiamo costruito una rete di persone che nel loro ambito o nel loro territorio hanno una credibilità forte. Che tutti i giorni si occupano di problemi concreti dei cittadini», tipo «manager sanitari, insegnanti, presidenti di associazioni civiche. Persone che spesso si sono dovute sostituire a uno Stato assente. Grazie alla loro credibilità diciamo ai cittadini: abbiate ancora speranza nella politica. Perché ci sono milioni di delusi dal tutte le forze del centrosinistra, e la loro delusione è diventata astensionismo. Anche cronico».
Facciamo un passo indietro. Vincenzo Spadafora in queste ore è in missione in Mauritania con l’organizzazione Terre des Hommes. La cooperazione e i diritti umani sono la sua passione civica e la sua professione. È stato ministro dello sport nel Governo Conte II. Ma prima, da militante del M5s, era stato sottosegretario al governo Conte I. E lì, nel suo movimento, è stato il primo a ribellarsi all’alleanza con la Lega (nel luglio del 2019, il governo gialloverde cadrà due mesi dopo) denunciando la «deriva sessista» nelle politiche di Matteo Salvini. Dopo, tanta acqua è passata sotto i ponti: è uscito dal M5s con Luigi Di Maio, è stato sconfitto al voto del 2022, ha fondato Primavera, un’associazione «che vuole contribuire al centrosinistra, perché è indispensabile dare vita a un quarto soggetto politico, non una forza di centro o moderata, ma trasversale, un progetto aperto, di persone credibili. Perché oggi il Pd e M5s sono sold out».
Sold out?
Hanno fatto il pieno dei loro voti. Pd e M5s seguono i loro schemi ma questi schemi escludono tante persone. Poi ci sono i giochetti tattici che allontanano ancora di più. Quando sei nel palazzo, puoi essere anche la persona migliore di questo mondo, ma perdi questa dimensione. Io ho ripreso a andare sui territori, la sconfitta del 2022 mi ha riportato a contatto con le persone che sui territori vivono con fatica. Serve un centrosinistra più contemporaneo, la sinistra chiede a tutti di emanciparsi, ma invece è vecchia. Chi parla a fragili? Chi alle imprese, al tessuto commerciale? C’è chi vorrebbe partecipare, ma non si avvicinerebbe mai, o più, a questi partiti. Questa gamba può rappresentare il valore aggiunto. Se si votasse oggi, diciamocelo, Meloni vincerebbe a mani basse.
C’è già Casa Riformista, la rete di Ruffini, quella dell’assessore romano Onorato. Beppe Sala e Silvia Salis. I partiti saranno sold out, ma il centro è in overbooking.
Ho partecipato alla convention di Ruffini, ero tra i pochi esterni a essere invitato. Ruffini ha intercettato realtà che hanno delle affinità con Primavera. Su Casa Riformista di Renzi, sono chiaro, ha un vantaggio: c’è. Spero però che Renzi ci lasci il tempo di organizzarci senza condizionare il processo. Salis non ha creato un suo movimento, ma grazie al successo dell’elezione a sindaca di Genova e alla sua capacità di arrivare al cuore di tantissimi italiani fuori da Genova, è una personalità che farà del bene al centrosinistra. Per ora deve dedicarsi prioritariamente a Genova. Ma mi auguro che, nelle forme che deciderà, darà una mano al Paese.
E il romano Onorato?
Onorato è del Pd. Convoca gli amministratori civici di quell’area. Ma sono tutti amministratori già nel centrosinistra. Bene, ma serve parlare a quelli che non votano.
Confluirete in una lista civica nazionale?
Da solo nessuno di noi è in grado di creare un clima di fiducia e credibilità. Al più può sperare in una promozione personale. Invece serve generosità: dobbiamo offrire una prospettiva comune. Dobbiamo avviare una Costituente civica nella quale confluiscano tutti questi soggetti, che dia vita a qualcosa di nuovo.
Una nuova Margherita?
Non si può riproporre il passato. Nella Margherita c’era un leader credibile, Rutelli, che aveva fatto bene il sindaco di Roma e aveva 50 anni. Oggi si tratta di uscire fuori dai personalismi. Incontriamoci tutti a settembre 2026, facciamo nascere il nuovo soggetto, con una Costituente di persone di tutta Italia, rappresentative delle nostre comunità. Lì voteranno chi rappresenti il soggetto che nascerà. Senza decisioni prese a tavolino.
Lei nel 2021 ha lasciato il M5s. Oggi ci si dovrà alleare?
Conte ha fatto la sua scelta nel centrosinistra, ora vuole fare una consultazione della base e, con tutto il rispetto, non ci saranno sorprese: confermerà la linea del presidente. Tutte le rigidità che denunciavo sono superate, dal secondo mandato in giù. Anzi, è andato ben oltre: in Campania non ha avuto nessuna remora ad allearsi con De Luca, Renzi e Mastella.
Come si sceglierà il candidato premier?
La prima cosa che serve è la credibilità della coalizione, che ancora non c’è. Poi tutti i potenziali candidati mettano da parte ogni protagonismo. Si può riconoscere la leadership alla segretaria Pd perché guida il partito più grande. Altrimenti le primarie sono senz’altro uno strumento che serve anche a mobilitare. Ma la scelta migliore, anche se la più coraggiosa, è che i leader si mettano intorno a un tavolo e scelgano la persona che meglio rappresenta un’alternativa a Giorgia Meloni. Che, ripeto, è ancora molto forte. La destra ha una classe dirigente mediocre: sarebbe un modo per dimostrare un’altra qualità. E un atto di responsabilità verso il Paese.